Sgravi per le aziende che assumono i padroncini. È il primo obiettivo cui saranno destinati i 400 milioni lasciati in eredità all’autotrasporto dal Governo Berlusconi. Come sancito nel verbale d’intesa sottoscritto un giorno prima delle dimissioni dell’ex premier tra Governo e associazioni di categoria, 35 milioni del tesoretto riservato dalla legge di stabilità ai giganti della strada saranno utilizzati per interventi di ristrutturazione e formazione «con l’obiettivo – sono parole dell’ex sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti, Bartolomeo Giachino – di finanziare una politica industriale seria».

Il riferimento alla politica industriale non è casuale: una delle accuse più pesanti lanciate al settore è quella di aver goduto per anni di risorse a pioggia – cinque miliardi in dieci anni – che si sono disperse senza tradursi in interventi strutturali, lasciando aperte una serie di problematiche che si trascinano identiche nel tempo: eccessiva frammentazione delle aziende, concorrenza sleale sempre più accentuata, una pressione fiscale e contributiva tra le più alte d’Europa. Ora che, nonostante la drammatica congiuntura economica, le risorse tornano in cassa, i termini della sfida si riaprono.

Pensato per incentivare le aggregazioni, il meccanismo lasciato in eredità dal precedente Governo e a cui sta lavorando la Consulta presieduta da Giachino, prevede un abbattimento del costo del lavoro di circa il 20% per ogni ex padroncino assunto da una azienda. Analogamente ogni lavoratore assorbito riceverà un voucher di circa 12mila euro. L’obiettivo è quello di superare l’elevata frammentazione del settore, la cui struttura rimane caratterizzata da poche grandi flotte e da un numero elevatissimo di padroncini.

Secondo i dati dell’Osservatorio Autopromotec – ricordati in un recente convegno dell’Unrae, l’associazione che rappresenta le case costruttrici estere operanti sul mercato italiano – le imprese che in Italia dispongono di un parco con più di dieci autoveicoli sono il 6,9%, il 38,6% quelle che utilizzano da due a cinque mezzi, mentre quelle che dispongono da sei a dieci veicoli sono il 9,4%.

In Europa soltanto la Spagna ha una situazione di maggior polverizzazione. Come ha ricordato Gino Costa, presidente della sezione veicoli industriali, «la conseguenza diretta di questo fenomeno è un elevatissimo numero di viaggi a vuoto, il 40% della media globale italiana, contro il 31% europeo del conto proprio e il 23% europeo del conto terzi».
Il problema fa il paio con le oltre 50mila imprese a camion zero iscritte all’Albo dell’autotrasporto (su circa 113mila complessive) dedite esclusivamente ad attività di intermediazione. «L’Albo – spiega Giachino – ne ha già cancellate 10mila e ha in corso una revisione dei suoi elenchi».

Il verbale sottoscritto in extremis l’11 novembre destina poi 135 milioni ai consueti interventi a pioggia: spese non documentate per i trasportatori monoveicolari, sgravi destinati al contributo Rc auto sul Servizio sanitario nazionale, mentre 91, 75 e 30 milioni saranno destinati rispettivamente a riduzione dei premi Inail, rimborso sui pedaggi, ecobonus per i viaggi del 2011. Le stesse misure – pagamento delle quote di pedaggio autostradale fatturate al raggruppamento di imprese, consorzio o coop – e autostrade del mare hanno incassato anche l’ammissibilità – da parte del gestore – all’intervento del Fondo di garanzia, che in questi anni ha ammesso 2.500 aziende e agevolato 300 milioni di euro alle aziende.

Gli ultimi 34 milioni della legge di stabilità si tradurranno infine, una volta verificata la compatibilità con la normativa comunitaria, in sgravi sulla tassa di possesso ma in caso di esito negativo anche queste risorse saranno destinate alle misure di ristrutturazione (9 milioni) e alla riduzione dei pedaggi (25 milioni).

Dal 2000 ad oggi il popolo dei Tir ha ricevuto circa cinque miliardi di aiuti dallo Stato, una valanga di denaro che ha toccato il suo apice con i 720 milioni del 2009, l’anno della crisi. Più o meno la stessa cifra è stata riconfermata per il 2010 e il 2011 in virtù di un accordo sottoscritto tra Governo, associazioni di categoria e parte della committenza, che ha garantito la pace sociale. Ma la crisi morde ferocemente anche il settore.

Secondo Paolo Uggè, vicepresidente nazionale di Confcommercio, appena riconfermato presidente di Fai–Conftrasporto, in tre anni sono state cancellate 24mila imprese di trasporto e 60 mila posti di lavoro. Nel conto terzi il numero delle imprese totali iscritte all’albo nel 2010 è sceso a 156.770 con una riduzione, rispetto al 2008, del 9,5%, ovvero 16mila unità. Tale decremento si è accompagnato a una perdita di quote di mercato estero: una azienda su tre dichiara di aver ridotto le proprie percorrenze concernenti i servizi di trasporto in ambito comunitario. Si riduce la quota di aziende che ha investito (solo il 15%) o che intende investire in logistica (intorno al 10%) e più della metà delle imprese (oltre il 54%) dichiara di aver subito un sensibile abbassamento dei livelli di fatturato.
Rimane del tutto aperta, infine, la partita sulle regole per l’accesso alla professione di autotrasportatore in vigore dal 4 dicembre ai sensi del regolamento europeo 1071/2009.

Tramontata l’ipotesi di intervenire sulla disciplina con la legge di stabilità – dove invece sono confluite le semplificazioni per i trasporti eccezionali – un protocollo d’intesa siglato dall’ex Esecutivo e dalle associazioni dell’autotrasporto ribadisce la validità nel periodo transitorio del decreto legislativo 395/2000. In questo periodo – assicurano gli uffici tecnici del ministero – le imprese inserite nel registro elettronico nazionale saranno autorizzate ad operare in via provvisoria fino alla verifica di sussistenza dei requisiti previsti dal regolamento europeo. Ora si attende che il nuovo Governo intervenga con decreto su alcuni aspetti dell’accesso alla professione. Ma c’è tempo soltanto fino al 4 dicembre.

fonte: IlSole24Ore

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